Saturday 13 September 2014

La Brigade aderisce all'evento mondiale di poesia 100 Thousand Poets for Change

Vi aspettiamo!


Poesia di Alessandra Bava

Figli della disobbedienza

Come Thoreau
      credo che le cose
            non cambino, ma che
                noi possiamo e dobbiamo

cambiare. Con superbo furore,
      lottiamo liminalmente,
          perifericamente,
               deliberatamente.

L’Armata Voce
     ci anima,
       ci unisce,
           ci riunisce.

                  Presidiamo arsenali
                  di poesia e non
                  temiamo di esporci
                  alla gogna: parole, nuda

                     carne fremente,
            ossa, grondanti versi,
      denti affondati in
viscere di senso
         
                    e di dissenso.
             Mani e fianchi
     immersi nel sangue
della verità,

                    pronti a generare
             molteplici fogli, pronti
       a generare molteplici figli
   della DISOBBEDIENZA.


(da Rome's Revolutionary Poets Brigade Anthology, Vol. 1)













Poesia di Edoardo Olmi

NO РУТИНА

                                                                 esplode

una piccola, Apocalisse di Fukushima
                           giorno per giorno –
dai brandelli dei nostri quartieri

...cada dìa.. cada dìa..


SENTITEVI BELLI


perché

si trasuda una guerra. potenza cingolata
dell'esistenza                                                       di rimorchio
al bollettino dei caduti; oggi dì – ancora e come ieri
sotto il maggio sordo dei lavoratori

...cada dìa.. cada dìa..


non v'è deflagrazione atomica in grado di scalfire
né pisciatone spicciolo
di un tariffario ENEL
le mura alla fortezza della vostra

libertà

come onda anomala
di un senso che devasta.
smadonna oggi
un traboccare quotidiano | marea di un vile: catartico infinito
Tsunami che tempesta all'alba le città dei nostri


significati.


(da Articolo 1, una Repubblica AFfondata sul Lavoro)



Poesia di Angelo Zabaglio & Andrea Coffami

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Dalle scarpe di marca passando per le marche da bollo,
dal bollo auto a “Double Dragon” e “Puzzle Bobble”,
dalle bolle del Cristal Ball passando per il solco di un disco,
dalla disco alla tecno, dalla tecno al buon liscio,
dalla vodka con ghiaccio all'acqua liscia,
dalla frizzante al chinotto, dal caffè ristretto al corretto,
dal poliziotto corrotto al cerotto che cura il danno fatto,
digerisco. Dal sipario alla fine primo atto,
mi sollevo dalla poltrona in platea di teatro,
dalla sensazione del tetro alla sensazione del vuoto.

Da “Indovina chi” ai giochi MB,
dalla BMX al cambio Shimano,
da una partita a Tetris al tris in mano,
dalla perdita di un amico caro al caro vita,
dal rincaro del cetriolo al caro petrolio,
dall'amico schivo a Lucio Dalla del “caro amico ti scrivo”.
Dal giornalismo di Matrix alla panza di Obelix,
dal Risiko a Trinity passando per all'oracolo,
dal Gin Fizz al bis dopo lo spettacolo,
da un brano di Samantha Fox ad un remix di Dj Shadow.
Da un'orchestra di Muti ad una suoneria in polifonia,
dai poliposfati ai polipi, dalle briciole di pane ai cannelloni ripieni.

Da Leo Gullotta a Mastella e da Pannella a Mastelloni,
da Nino Frassica ad Abantuono,
dal lampo di un lampo al fragore di un tuono,
dal calcio balilla al Subbuteo al fusillo Barilla,
dai Balilla al fascismo il passo è breve e senti come piove.

Dai giovani in lambretta con otto in pagella
dalla bidella al rettore passando per il ripetente
dal ripetente alla Gelmini, dai bocchini alle suore
dal monsignore all'onore, da Forza Nuova a Casa Pound
dal Pound alla Sterlina, dalla lira che prima c'era all'euro,
dall'Unieuro all'intercity e l'Eurostar,
dal diretto al regista, dalla comparsa all'attore non protagonista e la Star.
Dal dado di brodo al dado di fumo, da Babbo Natale al camino,
da Micheal Cimino a “Natale sul Nilo”.

Da Ezio Greggio alla pecora nera del gregge,
da Rai3 al comunista, dal comunista alla lista nera,
dalla bandiera del tricolore al calore
e dal calore al calore di una hola,
dalla curva allo stadio agli Stadio ed il gran figlio di puttana in radio.
Dalla costituzione agli Articolo,
da Tiziano al cantante neomelodico che spopola nel vicolo,
da Scampia alla ferrovia,
da piazza Garibaldi a Napoli all'unirsi dei popoli,
dalle malattie al propoli, dalla marcia di Topolino come suoneria.

Da “Domenica In” a Paperinik e da Topolino alla massoneria,
dagli effetti collaterali dei medicinali alle droghe da legalizzare,
dai codici subliminali agli animali trasformati in cartoni,
dal Giappone ai brani di Little Tony,
da Tony Corallo al terremoto e la scala Mercalli.

Dal corallo al mare, dall'estate all'inverno,
dalla neve al candore di un bimbo,
dalle palle di neve alle bombe carta,
dalla caduta del muro alla guerra in Iraq,
dal kebab ad Al-Qaida, dalla verità alla finzione,
dalle notizie di regime al mangime per cani,
dalle case chiuse alla mercificazione.

Dal lavoro fisso alla cassa integrazione,
dalla PlayStation all'altalena, dal pattino alle barche a vela,
dalla velina alla satira vera, dalla censura all'underground,
dall'Underground all'Heaven, da Melonarpo allo stile,
dallo stile al nuoto, dal cloro al clero, dai bersaglieri agli alpini,
dalle stragi di Stato ai cuori neri,
da “Sentieri selvaggi” a “Sentieri” e da “Sentieri” alla “Valle dei pini”.
Dalla Valleverde ai calzini, dai piedi nudi al fetish,
dal pissing al cumshot, da “Hot Shots!” a Buster Keaton,
da Mickeal Keaton a Burton passando per Batman,
Rat-Man e Sandokan,
dall'applauso dopo la venuta del Messia alla suora in clausura,
dai Sepoltura all'ora di religione, da Bellocchio alla prigionia,
da Lucignolo alla libertà e dalla dittatura alla Cina.
Dagli arancini di riso agli aranci,
dalle quattro stagioni di Vivaldi alla margherita tagliata a tranci,
dai saggi francesi e dai francesi ai formaggi.
Dai trattati di pace e dalla pace all'amore,
dall'amore all'odio, da Kassovitz ad Asterix,
dalle pozioni magiche ai santoni in televisione,
dalla cultura popolare alla fine del mondo,
da un saggio sul nazismo ai libri gettati al rogo,
bruciati da legno di faggio,
dalla regia alla sala di montaggio,
da una canzone a Sanremo di Pino Donaggio,
alla canzone d'impegno al Primo Maggio...
con pugni chiusi nelle piazze che stringono il poco coraggio.

(da Rome's Revolutionary Poets Brigade, Vol. 1)





Poesia di Marco Cinque

Papà costruisce mine

Ho finito il turno
alla fabbrica di mine
e stasera
parlerò al mio bambino

gli dirò: “figliolo
i paesi civili
costruiscono armi evolute
per i popoli
incivili e involuti

ma non sprecare il cibo
figlio mio
perché ogni morso di questo pane
costa una vita

innocente come la tua”.

(da Articolo 1, una Repubblica AFfondata sul Lavoro)

Poesia di Marco Lupo

Puzzato di fame io

Ripeto, puzzato di fame io
cercato portafogli sul lato basso del marciapiede
sotto le macchine calde di benzina
sotto le scarpe da 300 euro indossate senza piangere
da gente che non cerca portafogli, questo è chiaro
Fatto pasti nudi sul serio
tipo pasta senza olio
tipo pasta con olio di semi di girasole
tipo pasta con maionese, scaduta la maionese
Fatto puzzare molto la mia fame di puzza di fame
ma senza vergogna, no,
senza chiedere a nessuno di imboccarmi
di ascoltare il mio stomaco e le bolle
niente, mai niente da lamentare
così fa uno che puzza di fame sul serio
Sperare che qualcuno ti inviti a cena
questo sì, ma non più di una volta a settimana,
e fare finta una volta a tavola
di non avere fame
Solo che uno che puzza di fame puzza
e la puzza la sentono quelli che la fame non la sentono
che hanno il lusso di non sentirla quella puzza
che riempie la bocca come vino acido
quella puzza che ti ci abitui come fai con i piedi
con le mani con i peli
quella puzza che è un’estensione zotica della cosa che sei tu.
Quando dentro tutto è cavo come un uomo di paglia
il sesso si muove si alza si gonfia
non lo controlli non lo semini il sesso
diventa duro senza motivi
diventa duro perché fa parte del gioco
perché per un po’ dimentichi la puzza
il tempo che ci vuole per entrare e uscire
venire con le costole che mordono la pelle
e piccole fitte di incastri
e laguna salata di acqua sessuale
che macchia per sempre il suo poster di 8 e ½
Poi la puzza di fame nel filtro della sigaretta
con gli anelli morbidi fluttuano gli anelli
e guardi Mastroianni impiastricciato
e fumo che espiri e puzza che entra
pancia che si dilata ombelico tagliato profondo
come buco del Gianicolo e occhi di donna scuri
che vanno a farsi la doccia dicendo vado a farmi la doccia
e aloe sintetizzato nella confezione di plastica bianca e verde
che lei compra sempre alla coop
che dice la coop è giusta l’aloe fa bene
Ecco la puzza di fame, eccola nella borsetta di Armani
scacciare la puzza subito con un blitz delle dita che sanno di interni
di cosce scavate di millenni di cosce nomadi contadine cacciatrici
madri di affamati di portatori ambigui di puzza di fame
eccola la puzza che scacci con le dita nella borsetta
ecco l’odore della tua eroina
della cosa che odi che ti possiede che è stupida come un tipo stupido in una legge di Carlo Maria Cipolla, pericolosa marcia questa cosa stupida tra le dita che sanno di odore di case sbattute tempeste di coriandoli basiliche stuprate
10 euro
10 euro rosa
Uscire allora con la puzza di fame che canta i Beatles
correre e poi fermarsi e poi correre e poi fermarsi e poi dirsi
cristo, ci vuole il passo giusto, ritrovare lo stile
dimenticato ma ritrovato, lo stile di uno che non ha fame
che ce l’ha ancora per poco,
lo stile di uno che ha avuto fame ma ora ha un pezzo rosa
la fame è nella mensa della Caritas
nei documentari della BBC
la fame dei palestinesi
fame dei bambini pance arcuate che corrono nella polvere con i sassi tra i denti,
la fame che fa schifo fa schifo fa schifo fa schifo e tu la ingoi come tachipirina
ed ecco il posto, la puzza scivola dalla bocca trema la mano trema la tasca
trema il pezzo rosa da 10 euro
Dentro c’è un tizio occhi verdi bandana nera
taglia affetta pizza al taglio
ragazzo con scarpe da 150 euro davanti
pizza con gamberetti
più due birre
12 euro
paga e va
io puzzato di fame adocchio la margherita fumante
hai presente il vapore la mozzarella sciolta il pomodoro rosso steso per bene
eccola, lei scaccerà fame e puzza
farà ciò che è giusto stasera
e mentre occhi verdi bandana nera mi guarda e chiede
entra occhi neri capelli neri
c’è la radio piccola a pile sulla mensola blu in alto
esce dalla radio una canzone brutta di un tizio che tutti conoscono
fa tipo eh eh eh,
e occhi verdi bandana nera canta la canzone e dice vascorossi è bravo forte,
ma occhi neri capelli neri non parla
guarda solo la pizza
guarda la pizza con le patate
la pizza con i fiori di zucchina
la pizza con il prosciutto
la pizza rustica
la pizza con il salame piccante
la pizza con la salsiccia e i funghi
Dice bandana nera occhi verdi dimmi
dico io fai prima lei
dice lei fai prima lui
dico io offro io
dice lei ok
pizza con gamberetti
più due birre
12 euro dice bandana
12 euro dice lei
12 euro dico io

(da HEARTFIRE: the 2nd Anthology of the Revolutionary Poets Brigade)


Poesia di Olga Campofreda

Il Colloquio. Monodia a due voci.

Ma la prego si sieda, si sieda pure
mia cara signorina minorenne.
Minorenne ancora.
Minorenne quanto?
Di venticinque anni.
Bene, molto giovane
-le dici-
mentre pensi
-minorenne-
e lei ti osserva con quegli occhi spaventati
che chissà quante volte s’è guardata allo specchio
per sentirsi sicura
prima di incontrarti,
direttore.
E percorri l’accurata scelta dei suoi abiti
Sobri,
composti,
camicia azzurra
aperta solo sull’ultimo bottone
che lascia intravedere
a stento
le sottili ossa del respiro
-clavicole, s’intende-
che viaggiano veloci luccicando insieme
a quella catenina d’oro sottile
-sarà un regalo del battesimo
o della comunione-
pensi,
mentre lei si presenta
in tre aggettivi
proprio come
le hai chiesto di fare.
E quando si spiega “precisa”
in realtà non l’ascolti
chè t’immagini invece quel giorno
in cui lei ha deciso di andar via da casa
a studiare
lontano
alle feste, pensi,
alle scopate,
alle notti passate su un esame,
riempite di caffè e aspettative vane.
Le guardi le clavicole ansimare
d’ansia e di passione
e ti passi una mano alla cravatta,
cacci via i pensieri,
mentre lei si descrive “socievole”.
Le tue mani,
sudate,
disegnano il contorno dei suoi anni passati, sul foglio:
cameriera,
baby sitter,
hostess,
qualche volta modella,
il foglio racconta,
e mentre si dice “intraprendente”
tu leggi dei suoi anni in Inghilterra,
conoscenza della lingua: Ottima.
Sgualdrina, sgualdrina,
e ritorni al suo collo,
un collo magro e bianco
che pure sui libri
ha imparato a piegarsi:
Filosofia, 110 e lode
tesi in dialettica di Hegel.
E dottorato: pure.
Un’inguaribile passione
per i poeti russi,
e gli scrittori: pure
tutti quanti li ha letti,
ti dice,
mentre si descrive “colta”.
 Quante qualifiche
per così pochi anni.
Sorridi.
Tu, che dietro quella scrivania
hai un calendario
dell’isola di Pasqua,
che non hai cornici per diplomi,
per famiglie: neppure.
Questo lavoro- dici-
esige personale di rigore
c’è da avere qui a che fare
con la gente,
con tutti questi studi
non sarà che poi si sente superiore?
Nossignore!- lei dice
e un po’ trema la voce
-E allora dica, dica pure
a me,
che sono il direttore,
qualcosa che giustifichi i suoi anni
passati tutti fitti
in questa lingua astratta
di tesi e antitesi
e spirito del mondo,
in che modo sarà utile
mi chiedo
nel promuovere
i modelli d’avanguardia
che la mia ditta lancia
sul mercato del climatizzatore?
Mi serviranno credo
a sopportare meglio
l’etica del servo e del padrone.
La fierezza scorgi
direttore
nel suo sguardo
e il disincanto: pure.
Resti in prova qualche mese
signorina,
concediamo un’ eccezione al suo bel viso:
troppi studi la distraggono,
mi creda,
chè il lavoro non ha nulla a che vedere
con i massimi sistemi che mi dice.
La signorina allora parla
con la voce spezzata,
un respiro profondo e poi dice:
contratto.
Questa è l’ultima parola che dice,
la signorina piange
quando la mandi via umiliata:
è al denaro che lei pensa, al denaro!
Soltanto vergognarsi deve,
a venticinque anni,
e adesso vada fuori!
Questi giovani d’oggi
così arroganti,
questi giovani d’oggi che hanno studiato tanto
e tu –direttore- con le mani nella terra di tuo padre
e adesso a capo della ditta,
faglielo capire che cos’è il lavoro,
batti le schiene della loro ambizione,
umiliali pure,
che sono giovani,
che devono imparare a tacere,
che devono imparare ad obbedire.
Rendila arida e atroce,
questa giovinezza,
direttore,
adesso che non ti appartiene.
Presentala così:
qualcosa da cui sei scampato,
qualcosa di
troppo simile al male,
da cui sei uscito fuori vivo.
La libertà non c’entra mai
davvero.

(da Articolo 1, una Repubblica AFfondata sul Lavoro)









Poesia di Ludovica Lanini


 Livello H mansione B tipo G 

Cavi di gomma a percorrere roccia
-gonfiare di gas nutrire la terra-
pneumatici neri  a pesare sul suolo;
ogni giorno  -fine turno!- il controllo
del sia benedetto prodotto finito
ogni giorno puntuale coi solventi il carrellista
ogni giorno a perfezione la paraffinatura
-“osservate  segretezza sui sistemi dell’azienda!”-
così  vincola il contratto
anche il tuo di apprendistato
livello H mansione B tipo G.

Dalle tue macchine a ciclo continuo
-grandi, imperiose, te le hanno affidate-
si propaga a perdifiato il flusso sfrenato dell’aria compressa
la corsa nera dei battistrada
(carezze dure di scanalatura)
le lamine plastiche a sopire il respiro.
“Controlla le mescole al poliuretano
conserva il segreto
controlla la lingua!”
Ventuno turni ogni sette giornate
la paga che appaga: la pasta ogni giorno
dal 21 al 28  Sardegna spesata
“Coll’albergo e il piscinone come i vip!?!”
livello H mansione B tipo G.

Cavi di gomma a viaggiare profondi
violare viscere a sistema nervoso
eccitare  la roccia destare sinapsi
più su a rincorrersi le camere d’aria.
“Quanti questa sera i confezionamenti?
Tu oggi e domani e domani ancora
custodisci le macchine a ciclo complesso!
Custodisci il segreto.
Amministra la lingua!”
Amministra apprendista
contratto firmato
dopo periodo di prova –obbligato!
Livello H mansione B tipo G per ora, ma in futuro…
Futuro sicuro!
La macchina è tua, i cavi in uscita…
In sosta stremata  d’autostrada rovente
t’incanti –unico- d’orgoglio gonfio
di fronte a quei cerchi fiaccati d’asfalto
pelle nera potente che preme imperiosa.
Son le tue macchine a partorire…
La busta che è a giorni, agosto alle porte
evviva si parte, addetto apprendista,
le ferie quest’anno le passi in Sardegna!
“Amministra la macchina, amministra il segreto”.
Ma il benzopirene appostato ti spia
ti appesta i polmoni li spolpa ogni giorno
il silicio li assale (la tosse la sera)
il fegato affoga del cloruro a cantilena
il cloruro di vinile che ti macera il cervello.
I cavi scuri di gomma ogni giorno

dalle viscere del mondo a stringerti il cranio.

(da Articolo 1, una Repubblica AFfondata sul Lavoro)

Poesia di Massimiliano Damaggio

Atene, maggio 2011 

uomini
escono dai buchi della notte
pieni di denti
sigarette
piccole grida

nella notte grande
molto grande
eccessivamente grande

seguono il cammino verso la piazza
lacrimogena

“ascolta, mi dicono, ho perso il lavoro
adesso dormo nei cassonetti
la banca m’ha mangiato un braccio
sono zoppo
non posso più elargire carezze
né calci

cosa può stasera, domani
questa riga, questa penna, questa roba qua
che chiamate poesia?

non è
carne né
pesce né
lingua
oramai ”

e saltano tra gli incendi
verticali dei chioschi

e gli alberi
soffiano 
sul fuoco

(da Articolo 1, una Repubblica AFfondata sul Lavoro)